Un calco per Pompeo Marchesi

Bottega di Pompeo Marchesi, da Camillo Pacetti

Calco del Busto di Andrea Appiani, ante 1834
Gesso, cm 80x46x31 . Sul fianco lungo il bordo della veste: «C. PACETTI F. 1820»

Provenienza: Fino al 1858 Pompeo Marchesi, dal 1858 fino al 1867 Salvatore Fogliani

Nel maggio 1834, a Milano, un tragico incendio divampò nel Salone dei Giardini dove aveva sede lo studio di Pompeo Marchesi (1783-1858), principale scultore della Milano del primo Ottocento. Andarono danneggiate non solo alcune delle creazioni dello stesso scultore ma anche molte delle opere d’arte da lui collezionate. Cartoni, disegni, incisioni, gessi e calchi, marmi di tanti artisti, soprattutto contemporanei, da lui raccolti[1]. L’avvenimento portò a una sottoscrizione pubblica, capitanata da Francesco Hayez (1791-1882), per trovare un nuovo locale adatto alla realizzazione dei marmi monumentali di Marchesi e alla conservazione delle opere danneggiate in seguito all’incendio. Marchesi decise di far costruire appositamente un nuovo edificio, sui resti del convento di San Pietro Celestino, in via San Primo, accanto al Palazzo del Senato. Il nuovo edificio, progettato da Gioacchino Crivelli (1777-1850), coadiuvato da Antonio Rinaldi, fu completato nel 1836[2]. Nel 1838 Rinaldi descrive lo studio come una “collezione quasi completa di modelli de’ più decantati capolavori antichi e moderni, onde aveva piuttosto aspetto di pubblica Accademia che di Studio privato”[3]. Il testo fu pubblicato assieme a una serie di dodici incisioni che ben restituiscono l’immagine della ricchezza di opere raccolte da Marchesi nel proprio studio-museo. Da una di queste raffigurante la Veduta prospettica esterna dello Studio di Scultura del Cav. Prof. Pompeo Marchesi si vede come il cancello d’ingresso al cortile fosse inserito tra due pilastri coronati dalle erme in marmo di Antonio Canova e Andrea Appiani (1754-1817), eseguite dallo stesso Pompeo Marchesi nel 1835 come omaggio ai due principali rappresentanti del Neoclassicismo italiano, in scultura e in pittura[4].

Oggi le due erme sono conservate presso la Galleria d’Arte Moderna di Milano. La raffigurazione in marmo di Andrea Appiani reca l’iscrizione “ALL’INSUBRE APELLE / CUI POSERO LE GRAZIE IN MAN LO STILE”[5]. Nel 1838 Marchesi eseguì un secondo ritratto di Appiani, un busto paludato inviato in dono all’Accademia di Vienna dove ancora oggi si conserva[6]. Per quanto riguarda volto e capigliatura le due opere risultano identiche in ogni singolo dettaglio, senza alcun dubbio tratte da un medesimo modello.

E’ qui che trova spazio il recente ritrovamento di un calco in gesso di un busto di Andrea Appiani firmato da Camillo Pacetti (1758-1826) ed eseguito nel 1820, che con ogni evidenza costituisce il modello impiegato da Marchesi.

Presso la Biblioteca Trivulziana di Milano si conserva un faldone riguardante la raccolta di opere d’arte che Pompeo Marchesi lasciò in eredità all’avvocato Salvatore Fogliani. Qui, in un documento riprodotto in fotocopia datato 27 settembre 1867, nell’”elenco degli oggetti d’arte della raccolta Marchesi, donati dal signor Avvocato Salvatore Fogliani che vanno consegnati alla biblioteca Ambrosiana perché siano conservati in deposito perpetuo”[7], nella categoria “Statue e gessi” compare un “Ritratto (Busto) del Sig. Appiani Pittore / Opera di Camillo Pacetti”. Lo stesso calco ricompare in un secondo documento, in originale, del medesimo faldone. Nel “Promemoria degli oggetti d’Arte componenti la raccolta presente nello studio dello scultore Pompeo Marchesi”, nella categoria “Statue e Gessi”, al numero 14 ritroviamo il «Busto = Ritratto d’Appiani pittore = (opera di Camillo Pacetti)»[8].

Lo stato di conservazione del calco in questione, anticamente ricomposto e patinato, avvalora l’ipotesi che si tratti proprio di uno dei gessi provenienti dallo studio di Marchesi, coinvolti e danneggiati nell’incendio del 1834 e nel 1868 nella disponibilità di Salvatore Fogliani, erede di Pompeo Marchesi.

Per quanto riguarda il marmo di Pacetti, la voce del Biografico degli italiani ricorda come lo scultore “Dimostrò una certa vivacità anche come ritrattista, in particolare nelle opere dedicate gli amici, come il busto di Andrea Appiani (conservato nella sala XII della Pinacoteca di Brera)”[9]. Non è però chiaro da dove sia tratta questa notizia poiché del busto citato non vi è oggi traccia presso la Pinacoteca. Non solo, il marmo è totalmente ignoto alla storiografia, infatti non compare nelle bibliografie di Pacetti e di Appiani.


[1] O. Cucciniello, «Tanti artisti illustri in iscultura e pittura». La collezione di Pompeo Marchesi e la nascita dei musei civici, in O. Cucciniello, a cura di, Neoclassico / Romantico. Pompeo Marchesi: scultore collezionista, catalogo della mostra (Milano, Galleria d’Arte Moderna, marzo – giugno 2023), Milano 2023, p. 35 [2] O. Cucciniello, a cura di, Neoclassico / Romantico. Pompeo Marchesi: scultore collezionista, catalogo della mostra (Milano, Galleria d’Arte Moderna, marzo – giugno 2023), Milano 2023, tav. 1.11 [3] A. Rinaldi, Descrizione dello studio di scultura del prof. Pompeo Marchesi, compilata dall’architetto Antonio Rinaldi, Milano 1838 [4] Ibidem, tav. 1.8 [5] Ibidem, tav. 1.13 [6] R. Pancheri, Pompeo Marchesi e Giuseppe Molteni: ritrovamenti in Austria e in Boemia, «AFAT 35», 2016, p. 190 [7] O. Cucciniello, in M. Fratelli, F. Valli, a cura di, Musei nell’Ottocento: alle origini delle collezioni pubbliche lombarde, Torino 2012, p. 409 [8] ASCMi-BT, ACMAA, cart. 170 [9] C. Piva, Pacetti, Camillo, in Dizionario Biografico degli italiani, 80, Roma 2014, pp. 93-95