Iacobo Fiamengo e Giovanni Battista De Curtis
Scrittoio da tavolo, ultimo decennio del XVI secolo
Legno di abete intarsiato in ebano e avorio, cm. 12x48x40
Nel 1979, in occasione della mostra Curiosità di una reggia. Vicende della guardaroba di Palazzo Pitti, tenutasi a Palazzo Pitti, Alvar González-Palacios pubblicò uno scrittoio da tavolo [1] di cui evidenziava la stretta relazione con gli stipi pubblicati l’anno prima nell’articolo Giovanni Battista De Curtis, Iacobo Fiamengo e lo stipo manierista napoletano [2]. Si tratta di opere di straordinaria bellezza che hanno la foggia di facciate di palazzi decorate da tarsie in ebano e avorio. Le placche eburnee sono sempre finemente incise a bulino con scene bibliche, mitologiche, di genere tratte dalle incisioni dei più importanti artisti del tempo. Le fitte ornamentazioni sono ispirate ai repertori del Manierismo internazionale. Ad oggi sono noti solo quattro stipi conservati in collezioni pubbliche certamente opera di Iacobo Fiamengo e Giovanni Battista De Curtis, divisi tra il Kunstgewerbe Museum di Amburgo, il Philadelphia Museum of Art, il Victoria&Albert di Londra e Villa del Principe a Genova.
Anche Oleg Zastrow rese noto, nel 1978, uno scrittoio da tavolo simile, conservato presso le Raccolte artistiche del Comune di Milano [3].
Non potendo ancora far tesoro delle ricerche di González-Palacios, lo ricondusse a “una produzione abbastanza tipicamente secentesca e probabilmente italiana”. Oggi appare evidente l’appartenenza di questo scrittoio da tavolo alla produzione di Iacobo Fiamengo e Giovanni Battista De Curtis.
Si tratta di due piccoli mobili dal piano leggermente inclinato che, poggiati su un tavolo secondo l’uso del tempo coperto da un tappeto, permettevano di scrivere e di contenere il calamaio e tutto il necessario per la scrittura. Tipologia nota già nel Quattrocento, come si vede, ad esempio, nel San Girolamo nello studio di Antonio da Fabriano (notizie dal 1451 al 1489) della Walters Art Gallery di Baltimora.
Che questo genere di mobile ebbe larga diffusione, anche in ambito tedesco, nel secondo Cinquecento, è testimoniato da almeno due scrittoi decorati da tarsie del Maestro delle prospettive di Norimberga. Il primo, datato 1568 e appartenuto ad Anna di Danimarca, Elettrice di Sassonia (1532-1585), è conservato al Kunstgewerbemuseum di Dresda. È decorato da placche eburnee rappresentanti i quattro evangelisti, episodi biblici e figurazioni delle Virtù, incorniciate da cartelle di bel disegno. Il secondo, databile tra 1560 e 1570, è oggi al Museum Angewandte Kunst di Francoforte (Inv. No. WNK2). Il piano è caratterizzato dalle complicate prospettive di solidi intarsiate in legni policromi che resero famoso il maestro di Norimberga, sui fianchi trapezoidali compaiono invece placche in avorio istoriate.
Lo scrittoio di cui si scrive, attribuito ai due maestri napoletani nel 1989, da Simon Swynfen Jervis quando era conservatore del dipartimento dei mobili e delle opere lignee del Victoria and Albert Museum, presenta un’ornamentazione assai più ricca di quelli, già ricordati, di Palazzo Pitti e delle Raccolte artistiche milanesi.
Il piano è caratterizzato da un intarsio fittissimo: vi spicca un’ampia riserva centrale ornata da una silhouette oscura che incornicia una placca ovale. Con questa modalità decorativa, che ritroviamo anche in un gruppo di stipi eseguiti a Napoli in questi stessi anni e decorati da animali e uccelli,[4] Iacobo disegna una ricca cartella in cui si leggono chiaramente due canefore, draghi, serpenti e pappagalli. Altre otto piccole silhouettes, in cui l’arabesco oscuro lascia intendere coppie di fenici, incorniciano teste di carattere. Negli angoli del piano De Curtis incide le allegorie di Fortezza, Prudenza, Giustizia e Temperanza. Nelle placche rettangolari, che si inseriscono in questa embricata decorazione, trovano posto episodi della vita dell’ebreo Giuseppe. Sui fianchi trapezoidali sono inserite placche con scene di caccia al cervo e al cinghiale (identiche a quelle che troviamo in stipo firmato da De Curtis e datato 1597 in una collezione privata) [5], due draghi dalla lunga coda a girali fogliacei, piccoli fregi e minute incorniciature intercalate da erme antropomorfe. Nel 1989, presso l’antiquario parigino Antony Embden, comparve uno scrittoio da tavolo del tutto simile a quest’ultimo. Come si vede nell’unica vecchia immagine disponibile, è invertito l’impiego dell’ebano e dell’avorio nelle cartelle del piano, che presentano il medesimo disegno[6]. Il risultato è più convenzionale rispetto all’invenzione delle silhouettes, ma anche in questo caso la qualità del piccolo mobile conferma che Giovanni Battista De Curtis e Iacobo Fiamengo furono, a Napoli, tra il 1597 (anno dei contratti e dell’unico stipo firmato e datato oggi noto) [7] e il 1616, (data che compare sullo stipo presso la genovese Villa del principe), [8] i migliori maestri scrittoristi del loro tempo.
[1] A. González-Palacios, Curiosità di una reggia. Vicende della guardaroba di Palazzo Pitti, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, gennaio-settembre 1979), scheda 15 [2] A. González-Palacios, Giovanni Battista De Curtis, Iacobo Fiamengo e lo stipo manierista napoletano, in «Antologia di Belle Arti», II, n. 6, Maggio 1978, p. 136 e sgg. [3] O. Zastrow, Museo d’Arti Applicate: gli avori, Milano 1978, scheda 114 [4] R. Valeriani, in Civiltà del Seicento a Napoli, catalogo della mostra, 1984, pp. 369 e sgg. [5] G. Beretti, Con l’ebano e l’avorio. Giovanni Battista De Curtis, Iacobo Fiamengo e lo stipo manierista napoletano, Milano 2020, p. 26 [6] Ivi, pp. 46-51 [7] Ivi, p. 26 [8] Ivi, p. 35