Nero e bianco. Tarsie e intagli tra Cinquecento e Ottocento è la prima mostra che inOpera allestisce presso il laboratorio – galleria di Via Jacopo dal Verme 2 a Milano.
Quello relativo agli stipi in ebano e avorio eseguiti da Giovanni Battista De Curtis e Iacobo Fiamengo nella Napoli di fine Cinquecento è senza dubbio uno dei capitoli più affascinanti della storia delle Arti Decorative italiane. Ad oggi sono noti solo quattro stipi certamente opera dei due maestri napoletani, divisi tra il Kunstgewerbe Museum di Amburgo, il Philadelphia Museum of Art, il Victoria&Albert di Londra e Villa del Principe a Genova. Si tratta di mobili di straordinaria bellezza che hanno la foggia di facciate di palazzi decorate da tarsie in ebano e avorio e placche istoriate, sempre incorniciate da una fitta ornamentazione ispirata ai repertori del Manierismo internazionale. In mostra è presente un quinto stipo che si aggiunge a questo ristretto corpus di opere, per la prima volta esposto al pubblico, capolavoro datato 1597 e firmato da Giovanni Battista De Curtis. Tra i fitti arabeschi che ne ricoprono le superfici si dipanano le incisioni della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso tratte dalle stampe di Bernardo Castello.
Spetta agli stessi maestri lo scrittoio da tavolo che continua il percorso espositivo. Sul piano, caratterizzato da un ricchissimo intarsio, spicca un’ampia riserva centrale ornata da una silhouette oscura che incornicia una placca ovale. Con questa modalità decorativa Iacobo Fiamengo disegna una ricca cartella con canefore, draghi, serpenti, pappagalli e fenici. Negli angoli del piano De Curtis incide le allegorie della Fortezza, Prudenza, Giustizia e Temperanza. Nelle placche istoriate che si inseriscono nell’embricata decorazione sono infine narrati episodi della vita dell’ebreo Giuseppe.
Per l’esecuzione di preziosi mobili in ebano e avorio gli ebanisti napoletani di inizio Seicento furono spesso influenzati da un immaginario ispirato a quelle figurazioni presenti sugli stipi che cominciarono a giungere in Europa dalle colonie indo-portoghesi. Rarità preziose circondate da un’aurea di mistero che affascinarono l’ignoto Maestro che eseguì il piccolo cabinet box in mostra. Esso fa parte di un piccolo gruppo di mobili della stessa tipologia, eseguiti da un medesimo ebanista, probabilmente tedesco, attivo nella Napoli di inizio Seicento. Questi stipi, il più noto dei quali è oggi conservato presso il Metropolitan Museum of Art di New York, sono accomunati da tarsie rappresentanti episodi di una mitologia misteriosa e fantastica.
Non solo a Napoli ma anche in Sicilia, un secolo dopo, si eseguono preziosi arredi in ebano e avorio. Ne è un esempio la rarissima scatola finemente intarsiata. Il disegno dell’ornato fogliaceo che dilaga su tutta la superficie, imbricata foresta di racemi abitata da uccelli e putti, deriva dai disegni d’ornato che due pittori palermitani, Antonio Grano e Pietro Aquila, misero a punto per l’architetto Giacomo Amato, oggi conservati presso la Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis a Palermo.
Due secoli dopo ritroviamo l’utilizzo dell’ebano e dell’avorio con la tecnica del micro intaglio nella Torino sabauda di inizio Ottocento. E’ un esempio di questo genere di opere il quadro in avorio entro una cornice in ebano, opera di Giacomo Marchino, celeberrimo intagliatore nella Torino della Restaurazione, allievo prediletto di Giuseppe Maria Bonzanigo. L’inedita opera è un unicum che non trova diretto riscontro nella produzione torinese ad oggi conosciuta: dieci micro intagli circolari, rappresentanti gli evangelisti, i profeti e i simboli della passione di Cristo, incorniciano una grande placca centrale che riproduce l’Ultima cena di Leonardo da Vinci nel refettorio della chiesa milanese di Santa Maria delle Grazie.
La grande fortuna dell’ebano e dell’avorio, come la mostra, si chiude con Ferdinando Pogliani. Nella seconda metà dell’Ottocento la bottega milanese si specializza nell’esecuzione di sontuosi arredi e nel restauro (e copia) di mobili in ebano e avorio del maturo Rinascimento italiano. Secondo un gusto Neocinquecentesco è l’inedito stipo decorato da placche in avorio istoriate con incisioni tratte dalle stampe del celeberrimo ciclo Les Grandes Misères et Malheurs de la Guerre di Jacques Callot, pubblicato a Parigi nel 1633.
Mostra e catalogo a cura di Giuseppe Beretti e Alessandro Wegher
Milano . 25 ottobre-6 novembre 2021
lunedì-sabato . 10-18
inOpera . via Jacopo dal Verme 2